sabato 11 novembre 2017

Le disavventure del PD, e i voti che il caso Grasso porta via

Quante ne sono capitate nelle ultime settimane. Le elezioni siciliane, come si sapeva del resto, hanno fatto da detonatore alla deriva elettorale del PD. Non si sapeva invece, e lo prevedevano in pochi, che sarebbe scoppiata anche la miccia di Pietro Grasso, presidente del Senato e casualmente siciliano, che come tanti altri prima di lui ha abbandonato il partito di Renzi, nei giorni precedenti al voto di Trinacria.
Dei fiumi di parole versati in questi giorni, c'è qui un utile riassunto pratico sul piano dei voti in ballo per le prossime elezioni. Dalle pagine de La Stampa di sabato, a cura di Andrea Carugati.
MV







Tutti i big del Pd renziano, con l’apporto di Dario Franceschini, all’attacco di Pietro Grasso. Al Nazareno non hanno digerito le parole del presidente del Senato, da poco uscito dal partito e in pole position per guidare una lista di sinistra, che giovedì sera ha detto che «dopo la guida di Bersani il Pd non c’è più, ha smarrito i suoi valori». Renzi si chiama fuori dalla contesa, «le polemiche le ricevo non le faccio», ma lo stato maggiore dem s’incarica di rintuzzare le accuse: «Il suo giudizio sprezzante nei confronti del nostro partito è inaccettabile, parla come un esponente politico che è sceso in campo contro il Pd», tuona il capogruppo Ettore Rosato. Lorenzo Guerini: «Chiedo rispetto per il Pd, come ne ho per il piccolo partito di cui Grasso aspira a diventare leader». Il vicesegretario Maurizio Martina rivendica «con orgoglio il lavoro fatto dal Pd in questi anni nel solco dei nostri valori». Anche Franceschini giudica «assolutamente non condivisibili» le parole del presidente del Senato e si dice «dispiaciuto».
Tra i sondaggisti il nuovo soggetto di sinistra non è stato ancora ufficialmente testato. «Finora abbiamo raccolto la somma delle varie sigle, da Mdp a Sinistra italiana e sono intorno al 6,5%», spiega Fabrizio Masia di Emg. 
«A nostro avviso il potenziale è tra il 9 e il 10%, ma non è un risultato scontato. Molto dipenderà dal tipo di campagna che avremo e dall’appello del Pd al voto utile». Concorda il presidente di Ixè Roberto Weber: «Per noi si collocano tra il 6 e il 10%. Circa la metà dei voti arriveranno dalla ex sinistra radicale, altrettanti da elettori delusi dal Pd». Secondo Weber, «la figura di Grasso non ha un potenziale elettorale in sé. Per la sinistra è indispensabile la figura di un federatore che trasmetta simbolicamente l’idea di unità». 
Diverso il tema dei collegi delle regioni rosse. Secondo Masia e Weber la divisione tra Pd e sinistra potrebbe far perdere ai dem tra 20 e 30 collegi. «Quelli dove il vantaggio Pd è meno sensibile», dice Masia. Weber annota che, «come è avvenuto in Sicilia con i voti al candidato grillino Cancelleri superiori a quelli della lista, il voto in uscita dal Pd si sta orientando più verso il M5S che verso la sinistra. I grillini vengono percepiti dagli elettori dem delusi come un più solido argine contro Berlusconi. Un argomento destinato a pesare soprattutto in Emilia e Toscana».


Una preoccupazione, quella per i collegi a rischio, che continua ad animare la discussione dentro il Pd. Le minoranze di Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Cesare Damiano hanno preparato un ordine del giorno per i gruppi Pd (che si potrà anche trasformare in un documento per la direzione) in cui si ribadisce la richiesta di co- struire una coalizione anche con Mdp. E per farlo si propone di «riaprire un confronto sulla disciplina dei licenziamenti disciplinari e collettivi», quando arriveranno in Aula (tra una decina di giorni) le proposte di legge delle sinistre sul ripristino dell’articolo 18. Altre due richieste riguardano il superamento del superticket e la revisione del meccanismo per l’età pensionabile. 
«Se si cominciasse a ragionare sulle scelte compiute sarebbe l’avvio di una fase nuova», commenta il bersaniano Alfredo D’Attorre. «Ma non credo che sarà questa la linea del gruppo dirigente Pd» 

Nessun commento: