lunedì 9 ottobre 2017

Caos a sinistra del PD, Pisapia saluta Speranza, MDP si spacca


E' stata una domenica di fuoco, per chi non è convinto di Renzi e non è nemmeno sicuro di voler abbracciare Bersani e soprattutto D'Alema. L'ex sindaco di Milano, leader di Campo Progressista, e Speranza di MDP (dove militano Bersani e D'Alema: bisogna precisare altrimenti capiscono solo gli addetti ai lavori) si sono confrontati a distanza dopo un'intervista di Speranza al Corriere della Sera, nella quale l'esponente emmedipino (mi è venuta così, spero si capisca) ha definito l'attendismo di Pisapia "una soap opera insopportabile".

Speranza, riassume il Corriere il cui ottimo lavoro giornalistico ha di fatto sbloccato la situazione, s'è stufato di aspettare Pisapia ed è in "netto disaccordo sull'alleanza farlocca con il PD renziano".
Pisapia legge e gli manda a dire "Non c'è problema. Buon viaggio a Speranza e al suo partitino del 3 per cento".

Uno a uno palla al centro. Ma mentre Speranza guarda per metà novembre a un incontro con Sinistra Italiana di Fratoianni e Possibile di Civati, Pisapia intende giocarsi altre carte come la Boldrini e Grasso, presidenti di Camera e Senato, ed  Emma Bonino che vedrà il 28 alla Convention Europeista insieme con Prodi ed Enrico Letta.

Insomma un po' di movimento si è creato, alcuni deputati MDP sono in transumanza, e mi chiedo cosa farà il povero Bersani, una persona ragionevole alla quale Renzi aveva fatto saltare i nervi: per me trattare così Bersani è stato davvero come sparare sulla CroceRossa. 

Qui sotto intanto, dal Corriere della Sera, autore Carlo Vulpio, il racconto di ciò che Pisapia ha spiegato in Puglia...
Traete le vostre conclusioni, ma la parola fine non è ancora scritta da nessuna parte, temo.


MESAGNE (Brindisi) 

Alla fine, pur con il tatto e la prudenza che lo contraddistinguono, Giuliano Pisapia lo dice. «Renzi è stato votato alle primarie del Pd da milioni di persone. Non è il candidato premier, ma è il segretario del partito più grande del centrosinistra. Il mio ragionamento, con i personalismi, non c’entra nulla. Io voglio valorizzare ciò che unisce e non ciò che divide, per battere le destre risorgenti e i populismi come quello del M5S. Voglio che sia il centrosinistra a governare e a cambiare l’Italia». Le persone che alle primarie del Pd hanno votato Renzi, per l’esattezza, non sono state «milioni», ma un milione 250 mila. Poiché però rappresentano quasi il 70 per cento di chi ha partecipato alle primarie del Pd, il discorso di Pisapia non si presta a equivoci: chi altri, all’interno del centrosinistra, può vantare un consenso così ampio?


Guardarsi intorno bene, per non sbagliare cavallo

La sala del castello normanno-svevo di Mesagne è piena, ci saranno duecento persone, e Pisapia sembra quasi meravigliato per l’interesse e l’accoglienza, anche perché è una domenica di sole e il tema dell’incontro, «Per un campo largo e plurale», non è particolarmente eccitante. E poi perché da queste parti Pisapia non ha truppe cammellate che lavorino per lui. Questo è il Salento in cui D’Alema riusciva a essere eletto anche quando la sinistra perdeva e dove è in atto un rimescolamento e un «riposizionamento» di tutte le figure di secondo e terzo piano che stavano con Sel, con il Pd, con Emiliano, con Vendola, con D’Alema, con tutti e poi contro qualcuno e poi di nuovo con tutti, e che oggi cercano soprattutto di fiutare bene la direzione del vento per non sbagliare cavallo.

"Se non piacciamo, D'Alema ed io dobbiamo fare un passo indietro"

Pisapia lo sa, e sorvola sul fatto che a presentarlo sia un deputato locale, Toni Matarrelli, che incarna, diciamo così, questa incertezza, e che in tempi record è transitato da Sel a Possibile e da qui a Mdp, e ora è pronto a sostenere l’ex sindaco di Milano. Anche i duecento in sala ne sembrano consapevoli e infatti vogliono ascoltare solo Pisapia, capire se è vero che ce l’ha con D’Alema o se il suo discorso sui personalismi da evitare valga per tutti, e quindi anche per lui, che su questo elemento basa la sua proposta. «Vale per tutti. E quindi vale anche per me — dice Pisapia, incassando gli applausi —. Ho detto e ribadisco che se per un centrosinistra largo, coeso, che vuole vincere le elezioni, D’Alema risultasse divisivo, dovrebbe fare un passo a lato. Lo stesso vale per me, che in tal caso farei non solo un passo a lato, ma un passo indietro. Se tutti vogliamo contribuire a ottenere il risultato che ci prefiggiamo, ognuno di noi deve capire questo. Altrimenti regaleremo il Paese a quelli che diciamo di voler sconfiggere».

"Non credo che in Italia ci voglia un quarto polo"

Per far comprendere meglio cosa è venuto a dire, Pisapia ricorre a due esempi. Uno da imitare e uno da evitare. «Lecce è l’esempio di centrosinistra come lo vorrei io — dice —, mentre Sesto San Giovanni, ora governato dalla destra, è ciò che non voglio». Pisapia sostiene che con Renzi sia necessario parlare e che questo non significhi mutare l’orizzonte di un impegno politico «basato sul civismo, l’ambientalismo, il volontariato, l’interazione con il cattolicesimo democratico». E alle critiche «da sinistra» (i suoi ex compagni di Rifondazione, oggi in Sinistra italiana) risponde così: «Loro pensano che oggi in Italia ci voglia un quarto polo. Non sono d’accordo. Non mi interessa un polo di testimonianza. Abbiamo il dovere di proporre, di governare e di cambiare l’Italia. Senza personalismi».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravo Pisapia, uno che ha le idee chiare( e che mi piacciono). Finalmente qualcuno che smuove le acque paludose della sinistra.
Speriamo che con questi movimenti si muova qualche cosa anche in questo mesto paesello, ma questa è' un'altra ( triste ) storia!
W l' Europa