lunedì 31 luglio 2017

Si vota nel 2018. Finita l'epoca dei leader?



Ilvo Diamanti è un raffinato politologo. Indagatore di statistiche, cuneese, è uno che guardando avanti ha intuito che, forse, molti atteggiamenti di noi cittadini cambieranno con l'approssimarsi delle elezioni del 2018. Sull'argomento elezioni è in corso una rottura di cabasisi (per dirla alla Camilleri) che dura da mesi. Ci vogliono stroncare la pazienza, e noi come reazione ci trasformiamo...
Ecco una parte dell'analisi di Diamanti per "Repubblica".


Ilvo Diamanti per la Repubblica

"Stiamo attraversando una fase politica di attesa. Perché nella prossima primavera si voterà. E non è chiaro chi vincerà. O meglio: se qualcuno vincerà. Ma soprattutto: se riuscirà davvero a governare. Da solo o in coalizione con altri. I motivi per dubitarne sono molti e fondati.

Fra gli altri, ne cito uno, in particolare. Dopo la lunga era dei "partiti di massa", è finito il tempo della "democrazia del leader", come la definisce Mauro Calise (in un saggio pubblicato da Laterza). Senza che si riesca a capire verso dove siamo "in marcia". A partire dagli anni Novanta, infatti, i partiti si sono rapidamente "personalizzati", anche in Italia. Fino all' affermazione del "partito personale", imposto da Silvio Berlusconi, nel 1994.



Ebbene, ho l' impressione che quel tempo, questo tempo, stia finendo. Ne offre una rappresentazione efficace la "Mappa delle Parole" costruita attraverso un sondaggio di Demos-Coop realizzato e pubblicato su Repubblica - nelle scorse settimane. Basta concentrarsi, al proposito, sullo spazio occupato dalle parole della politica. Isolato. Alla periferia del linguaggio pubblico. Rivolto verso il passato. Oscurato dalla delusione. Proprio lì si concentrano tutti i principali partiti e i loro leader. Con una chiara differenza rispetto al passato. I leader non sono più davanti e sopra ai partiti. Non ne costituiscono più la bandiera. Almeno, i porta-bandiera".

Segue un elenco ben noto dei leader: Berlusconi, Renzi, Salvini, 

Grillo, con le loro specifiche che tutti conosciamo.

Poi Diamanti aggiunge:

"La tentazione, di fronte a questo mutamento di scenario, è di affermare che il tempo dei "capi" è finito. Ci troveremmo, invece, di fronte al declino dei leader (come ha sostenuto Giuseppe De Rita sul Corriere). E al parallelo ritorno dei partiti al loro posto "tradizionale", Così, il Pd avrebbe ri-preso il sopravvento sul PdR. Il M5s si sarebbe "normalizzato". Un partito come tutti. Mentre la Lega avrebbe riaffermato la propria identità di partito, oltre o almeno accanto a - Salvini.

Questa idea appare confermata dai sondaggi d' opinione che registrano il calo - più o meno sensibile - o comunque lo "stallo" della popolarità dei principali "capi di partito". Renzi, Berlusconi e Di Maio (insieme a Grillo), in primo luogo. Mentre, non per caso, il leader attualmente - e largamente - più apprezzato fra tutti risulta Paolo Gentiloni. "Capo del governo", ma non "capo-partito". E, per stile di comunicazione e di azione, in fondo, neppure un Capo. Ciò costituisce un indizio interessante di quanto sta avvenendo. Più che a un "ritorno dei partiti", a mio avviso, assistiamo al declino del "Partito del Capo" (come lo ha definito Fabio Bordino).

Perché i Capi hanno deluso. La loro esuberanza, nella vita pubblica e sui media, ha suscitato stanchezza. Soprattutto di fronte all' aggravarsi dei problemi economici e sociali. Al diffondersi dell' insicurezza sociale e della sfiducia verso le istituzioni. Così Paolo Gentiloni è divenuto il personaggio pubblico più popolare. Perché non è "il" leader del Pd. Non ambisce a diventarlo (altrimenti Renzi). Né a fondare, tantomeno a imporre, un nuovo partito personale. Il PdG. Ma agisce sottotraccia. Mentre gli altri leader interpretano, con enfasi, un partito che non c' è. Perché sul territorio e nella società i partiti non si vedono.

Appaiono e si esprimono solo in tv. È il tempo dei "partiti impersonali", che confliggono e si dividono al loro interno. Soprattutto a centro-sinistra.

Ma non solo. Perché non si vedono più grandi fratture ideologiche e di valore. Mentre le fratture "personali" - l' anti-berlusconismo prima e l' anti- renzismo poi - non riescono più a mobilitare i sentimenti. Né i ri-sentimenti."







lunedì 24 luglio 2017

... E Bersani pare sia davvero arrabbiato

Continuiamo con il caso Pisapia-Boschi. Questo articolo che ho preso da La Stampa web ricorda il terzo  principio della dinamica: "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria".
(secondo me il collega ha un po' caricato troppo, non resta che attendere... Certo la sinistra adora dividersi, e con questo bisogna fare i conti).

di Andrea Carugati
«Basta ambiguità, la nostra gente ha bisogno di messaggi chiari e precisi. Se arrivano quelli Pisapia può abbracciare chi vuole...». Pier Luigi Bersani, dalla Sicilia, risponde con parole ruvide a Giuliano Pisapia. L’intervista di ieri del leader di Campo progressista, altrettanto ruvida con i compagni di strada di Mdp («Il Pd non è il mio nemico, non rifaccio la Sinistra arcobaleno»), rischia di far naufragare il già tumultuoso fidanzamento celebrato il primo luglio a Santi Apostoli tra i fuoriusciti dal Pd e l’ex sindaco di Milano. Un fidanzamento costellato più da sospetti reciproci che da slanci o empatia.  

Domani è in agenda, dopo meno di una settimana dal precedente, un nuovo incontro chiarificatore tra Pisapia e il coordinatore di Mdp Roberto Speranza. Un redde rationem, che potrebbe sancire la separazione prima ancora del matrimonio. «Per fidanzarsi bisogna volerlo in due», spiega un bersaniano. «Lavoro per l’unità, ma non escludo la rottura», confida Ciccio Ferrara, deputato molto vicino a Pisapia. Gad Lerner, primo consigliere, in un bar dietro Montecitorio la mette giù così: «Io e Giuliano pensiamo che la scissione del Pd sia stata un grave errore. Io sono ancora iscritto al Pd...». 

Non ci sono solo le foto di Pisapia abbracciato a Maria Elena Boschi, o le incomprensioni tra il giro dell’ex sindaco e i quadri di Mdp a dividere le due truppe: «Il punto è politico, manca una analisi condivisa degli anni del renzismo», spiega Arturo Scotto. Speranza non smette per un istante i panni del pontiere: «Dobbiamo andare avanti, una nuova forza popolare e di sinistra non è un’impresa facile. È un obiettivo più grande dei destini di ognuno di noi».  

Stavolta non basterà uno stringato e burocratico comunicato congiunto di qualche riga. «Prima della pausa estiva ci devono essere i fatti», spiega Speranza. E cioè il manifesto programmatico «con dieci punti in netta discontinuità con le politiche di Renzi», una squadra e un appuntamento in autunno «dove dare la parola al nostro popolo». A cui far scegliere nome, simbolo, gruppo dirigente. «Dal basso», insistono Speranza e Scotto. «Queste cose non le possiamo decidere in tre in una stanza».  

Anche nell’entourage dell’ex sindaco c’è chi lavora per ricucire. Marco Furfaro, ex pupillo di Vendola e ora di Pisapia, mostra a tutti sul cellulare le parole del leader: «Giuliano ha detto che non andrà col Pd e che le alleanze si decideranno dopo le elezioni. Come D’Alema». L’esegesi non si ferma. «Giuliano parla di competizione col Pd, e siamo d’accordo», gli fa eco Speranza.  

Il nodo politico è tutto qui: Pisapia non dà l’impressione di voler guidare una forza alternativa al Pd. Si vede ancora come federatore di un nuovo centrosinistra. «Un nuovo Prodi», sussurra qualcuno dei suoi. Bersani inquadra il problema: «Con il Pd noi saremo pronti a discutere solo a una condizione: una radicale discontinuità con le politiche sul lavoro e sul fisco. Deve essere chiaro questo. E non a me che ce l’ho già chiaro. Non a Pisapia, ha ma a tutta la nostra gente che ha bisogno di un messaggio preciso, perché si può fraintendere pure un abbraccio o un saluto». «Noi siamo di centrosinistra», ribadisce l’ex segretario dem. «Se il Pd ci sta a fare una cosa di centrosinistra discutiamo di contenuti. Altrimenti ognuno va dove lo porta il cuore». 

Domani dunque l’ultima occasione per ricucire. Ma entrambe le parti già lavorano a un Piano B. Dentro Mdp si pensa a chi potrebbe essere il leader in caso di rottura con l’ex sindaco. Il nome che circola con più insistenza è quello di Bersani. Proprio lui che ha fortemente voluto l’asse con Campo progressista. E che vede come una follia il replay di una sinistra del 3%. E forse è proprio questa la critica che ha fatto più arrabbiare Bersani. «Fino ad ora l’unico che ha militato in un partitino è stato Giuliano, ed era Rifondazione», punge una fonte di Mpd. Quanto a Pisapia, dice Bersani, «o si va a messa o si sta a casa». In caso di rottura, l’ex sindaco potrebbe tornare al lavoro di avvocato. Ma i suoi non ci stanno: «Non si può tornare indietro». In serata Pisapia è arrivato a Montecitorio, per una riunione con Ciccio Ferrara, Furfaro e gli altri fedelissimi. A chi lo ha incrociato e gli ha chiesto dei rapporti con Mdp ha risposto: «Eh, mi tirano per la giacchetta, vediamo...». 

Ma la Boschi si può baciare? Pisapia dice di sì


A parte il fatto che si trattava della Boschi, io mi sono essenzialmente stupita dell'esercizio fisico-muscolare dell'ex sindaco Pisapia (uno che non ho mai visto agitarsi o muoversi o sorridere così apertamente in tanti anni di politica) di fronte alla Sottosegretaria Boschi alla festa del PD. Siccome è tutt'altro che stupido, è evidente che non è impazzito: voleva mandare un segnale. Non tutti sono stati contenti di questo gesto, anzi a sinistra del Pd si sono direttamente incazzati.
Se ne parla molto, ancora. Vi ammollo qui un riassunto dell'Huffington Post, su azioni e reazioni. 



Un abbraccio con la sottosegretaria Maria Elena Boschi. Le parole - "Mi sento a casa" - pronunciate sul palco della Festa dell'Unità di Milano. Giuliano Pisapia ha fatto arrabbiare molti dei suoi sostenitori politici, ma non intende fare passi indietro. Qualcuno è uscito allo scoperto - "Serve un chiarimento politico" ha scritto su Facebook il governatore toscano Enrico Rossi, "Troppo plateale" dice Chiara Geloni, direttrice del sito web di Articolo 1 Mdp - altri hanno semplicemente fatto trapelare il loro malumore.
Oggi parla Pisapia. In un'intervista alla Repubblica ribadisce che il suo intento è quello di unire, non dividere, il centrosinistra. Quella sull'abbraccio con la Boschi, quindi, è "una polemica assurda e irreale, vergognosamente strumentale".
"Il popolo del Pd non sarà mai mio nemico, ma con l'attuale Pd che si ritiene autosufficiente e con un sistema elettorale proporzionale alle elezioni, è evidente ci sarà competizione. Non si può abbaiare alla luna o rinchiudersi in un partitino del 3 o 4 per cento, perché questo non è il nostro progetto. Se lavori su quello che divide, sei condannato a perdere".
Pisapia respinge le accuse di ambiguità.
"Sono sempre stato chiaro e coerente, Campo progressista è nato con l'obiettivo di contribuire, insieme ad altri, alla costruzione di un nuovo centrosinistra (o sinistracentro), con cultura di governo, europeista, radicalmente in discontinuità con le politiche degli ultimi anni. Un nuovo soggetto politico in grado di sconfiggere le destre, la demagogia, il populismo".
Nessuno passo indietro anche sul tema della sua candidatura.
"Sento il peso di aver sollevato delle speranze, ma sono e mi sento fino in fondo un uomo libero e coerente", "non è importante il mio destino personale".
Ettore Rosato, presidente dei deputati del Pd, parla di "abbraccio normale tra due persone che si conoscono" e che "lavorano dalla stessa parte". La presenza di Pisapia alla Festa dell'Unità di Milano è "il segno di un Pd aperto che si confronta e guarda alle cose serie nel nostro campo" e dimostra che "Pisapia è una persona seria".
Matteo Richetti, la persona più vicina a Renzi in questa fase, tende la mano a Giuliano Pisapia. "È un interlocutore naturale per il Pd", afferma ad Affaritaliani.it il responsabile della Comunicazione del Pd. "Il rapporto con Pisapia non è mai stato in dubbio: è stato un nostro sindaco, è stato un nostro amministratore, è un politico di una sensibilità del tutto fine. Le porte stesse del Pd sono spalancate per Pisapia. Sappiamo tutti che il problema è stato un altro che non ha nulla a che vedere con Pisapia", conclude Richetti.

mercoledì 19 luglio 2017

Vivo sulla Luna (e sono felicissima della riapertura della piscina)

Ma dove vivo? Mi chiede un gentile signore.
Già, vivo sulla luna.
Infatti leggo sul blog di Mauro Novo che la piscina ha riaperto e ne sono strafelice per tutti quelli che la frequentano, crescentinesi e non. 

Tutto l'iter di cui parlo nel mio post precedente è comunque valido, come prassi che segue un danno come questo, che a quanto ho letto vale 700/800 mila euro.
Mica ceci, se non è un'approssimazione di quando si tirano le prime somme.

I lavori andranno fatti. O no?

Però che bello che ha riaperto la piscina.
Sono proprio contenta.

martedì 18 luglio 2017

Rassegniamoci, ci vorrà tempo per il complesso sportivo.

Se gli imprenditori vercellesi aspettano ancora la restituzione dei contributi Inps che non erano tenuti a pagare in seguito all'alluvione del 1994, che cosa ci possiamo mai aspettare noi per la riparazione dei danni del complesso sportivo semidistrutto la settimana scorsa da una tromba d'aria?
Vedo i bocciofili mestamente seduti fuori dalla loro sede, nei pomeriggi a chiacchierare sulle sedie bianche di plastica. E la piscina sembra un monumento silenzioso alla possibilità di nuotare. Il fatto che tutto sia stato ben ripulito aggiunge drammaticità all'attesa di un tempo indefinito, durante il quale ci sarà chi ha perso il lavoro, chi il tempo dello sport, chi semplicemente le ore libere. 
Mi spiacerebbe anche che i gestori della piscina, assai abili, si stufassero e alzassero, in un lasso ragionevole di tempo, la bandiera bianca.
Crescentino si aspetta che nell'imminente Consiglio Comunale, venerdì, il Sindaco apra le danze sul futuro. Vedremo cosa dirà, ma intanto deve arrivare l'accettazione da parte della Regione dello stato di calamità, e il conseguente stanziamento di quattrini.
Poi ci saranno in gioco le assicurazioni.
Poi ci sarà il bando d'asta per il recupero degli edifici, con i suoi tempi di attesa per l'aggiudicazione.
Poi i lavori, gli impicci, gli intoppi, la necessità di rifacimenti mentre i cantieri sono aperti. E via discorrendo. 
Rassegniamoci, ben che vada se ne riparlerà l'anno prossimo. 
In quanto ai Beni Culturali della Parrocchia, dal Santuario a San Michele, siamo nelle mani di Don Edoardo. 

lunedì 10 luglio 2017

Non basta una tromba d'aria per finire sul TG3 Regionale

Riepilogo. La nostra città è in ginocchio per la violenta tromba d'aria di oggi pomeriggio. Moltissimi cittadini hanno subito danni ai palazzi, alle case e ai giardini, ha subito danni la città, ma quel che più è impressionante è lo stato del nostro amatissimo Centro Polisportivo, un gioiello che molti ci invidiano,  gravemente danneggiato dal fortunale di oggi. Circolano in rete foto devastanti della piscina, il cui muro perimetrale è crollato, e chiunque le può vedere, me le hanno mandate da tutta Italia stasera.
Morale: avete sentito voi una notizia, anche piccola, anche senza immagini, nel TG3 regionale di stasera? Niente, non una parola, un accenno, una di quelle fotine o fotone che girano. Com'è possibile?
Già.
La mia solidarietà al Comune che deve affrontare una prova tanto difficile, ai gestori degli impianti, ai frequentatori. 
La stagione è finita per noi nel momento più cruciale dell'estate.
E buon lavoro.
Speriamo che la Regione venga a sapere presto, anche senza il Tg3. (la foto è presa da La Stampa online).
(la comunicazione è importante, sempre. Il Tg3 si è svegliato nell'edizione delle 14 dell'11 luglio).



domenica 9 luglio 2017

SSsst! Ora la CH4 riscalderà anche le la Scuole Elementari



L'ho saputo da una piccola notizia su "La Voce", il periodico che con la chiusura della Gazzetta (se temporanea, non so, ma dura da quasi un anno ormai) è tornato a farsi leggere nelle nostre zone.
Il teleriscaldamento che dalla famigerata CH4    è arrivato finora alla Scuola Media, servirà (dall'anno a venire?) anche le Scuole Elementari: "Il progetto è frutto di una convenzione firmata fra l'Amministrazione Comunale e la Centrale a biomasse CH4". Scrive La Voce. Tutto qui, e anzi grazie che ce l'abbia detto.
Sarebbe naturalmente opportuno che la cittadinanza sapesse di più, i termini e i costi, così come accadde all'avvio del teleriscaldamento alle Medie.
Spero che l'opposizione, in caso ci fosse, richiedesse e diffondesse queste notizie, anche se il Sindaco stesso dovrebbe farlo. Poiché ai miei tempi la CH4 non sempre rispettava gli accordi economici, s'immagina che il gap sia stato superato, per poter permettere la nuova convenzione. Sarà vero? 

S'immagina anche che questa convenzione sia una buona notizia per le casse comunali, ed è per questo fine di risparmio che la Centrale era stata autorizzata dagli inizi, nella certezza (poi risultata falsa) che non si sarebbero stati disagi per i cittadini. 
Finora nessuno è riuscito a far quadrare il cerchio. Ci sarà un rilancio di prescrizioni, con la nuova Convenzione? Fateci sapere, grazie.





Ezio Mauro, Un'analisi con i baffi dei problemi del PD

Ezio Mauro, ex mio compagno di strada nel sindacato dei Giornalisti, ex direttore de La Stampa, ex direttore di Repubblica, è un bel caratterino e una mente lucida. 
Mi piace condividere con voi questa sua analisi sul momento infuocato del PD, comparsa in prima pagina su Repubblica.


Il cappio al collo del PD

Come in Ubu re o in qualsiasi pièce del teatro dell’assurdo, c’è qualcosa di surreale nell’ultima discussione che incredibilmente divide e aggroviglia il Pd, davanti alla sua opinione pubblica ormai pronta a tutto, ma disorientata e sfinita. Stiamo alla cronaca dell’ultima direzione: da una parte due ministri, Franceschini e Orlando, che pongono il tema delle alleanze, giudicandole necessarie per vincere, dall’altra il segretario Renzi che respinge la questione come un latinorum per addetti ai lavori e invita invece il Pd a «parlare ai cittadini» cominciando dal lavoro, dall’immigrazione, dall’Europa e dallo ius soli.

Il risultato è che ancora una volta gli elettori vedono un Pd chiuso in una disputa astratta, metodologica, che riguarda sempre i preliminari della politica, rinviando comunque il momento di scendere in campo. Come se ci fosse tempo da perdere. Come se davanti alla sfida del populismo grillino e della destra risorgente ci fosse spazio per aspettare che il vertice del Pd si metta d’accordo sull’alfabeto da usare per dichiarare la guerra, sulla grammatica e sulla sintassi invece di concentrarsi sulla battaglia. Dimostrando così all’universo mondo che in quella comunità non c’è più una lingua comune, riconosciuta, accettata e praticata da tutti.

In realtà i dirigenti della sinistra sono specialisti nel costruire false strutture argomentative e polemiche (le «quistioni», le chiamava Pajetta) quando non vogliono svelare apertamente le ragioni del loro dissenso. È evidente a tutti, infatti, che un partito deve «parlare ai cittadini», soprattutto in una lunga campagna elettorale come quella che si aprirà dopo le ferie estive. Ma è altrettanto evidente che un grande partito che ha radici culturali in formazioni secolari e popolari non può ridursi al suo scheletro programmatico, in un risucchio di prassi che annulla i valori, la tradizione, la storia. Significherebbe disgiungere gli ideali dalla rappresentanza di interessi legittimi, due elementi che devono invece far parte insieme della moderna dotazione di un partito democratico e nazionale: altrimenti ridotto a pura lobby politico-istituzionale, che si muove sulla spinta degli interessi prevalenti e convenienti di ogni singola fase, senza un profilo culturale e civile, dunque senza una specifica identità culturale.

Nello stesso tempo, è ben chiaro a tutti i contendenti che una grande forza con ambizioni di rappresentanza, di governo e di cambiamento deve tenere insieme una presenza forte e incisiva nei progetti e nei programmi che riguardano la vita concreta dei cittadini, con una dimensione politica costante, che elabori la realtà del Paese, la storia e la tradizione della sinistra riformista per decidere le scelte strategiche necessarie, le svolte, l’aggiornamento identitario: se è il caso, anche le alleanze, quando si tratta di ragionare sui numeri, sulla possibilità di vincere o di perdere, sulle affinità e sulle preclusioni.

Perché allora sollevare una falsa disputa, quando la questione è chiara? Perché dietro il non detto del Pd, dietro le due formule della “coalizione a sinistra” e della “vocazione maggioritaria” c’è il nodo invisibile — eppure scorsoio — della candidatura di Renzi alla premiership. In poche parole, il problema è questo: Renzi si è rimangiato la promessa di lasciare la politica se sconfitto al referendum perché convinto di potersi riprendere Palazzo Chigi, gioco che per lui vale qualsiasi candela. A questo fine ha combattuto e vinto le primarie del Pd, e oggi fa un mestiere che non credo gli piaccia e per cui forse non è adatto, nell’attesa di giocarsi tutte le carte nella campagna elettorale per il governo, la sua vera partita. Gli ostacoli sono la legge elettorale proporzionale, che invita ad accordi dopo il voto senza leadership “unte” e prestabilite, e la configurazione ormai tripolare del sistema politico, che sembra vanificare ogni vocazione maggioritaria preventiva.


Una coalizione a sinistra rimetterebbe in discussione la premiership, scegliendo magari dopo il voto un candidato che rappresenti il minimo comune denominatore, come talvolta è accaduto nell’esperienza democristiana, e riporterebbe Renzi in alto mare, annacquando in quel mare il risultato delle primarie. Questo lo sanno Franceschini e Orlando, che potrebbero così riaprire surrettiziamente i giochi nel Pd, chiusi con le primarie, ma mai blindati definitivamente nonostante il prezzo di scissioni sanguinanti passate e future. Ecco perché Renzi vuole mani libere, coltivando l’idea di una campagna elettorale di vita o di morte, in cui si gioca tutto, pur di non mettersi nelle mani dei suoi compagni di partito. I quali sospettano che abbia già un accordo per finire nelle mani di Berlusconi con un governo di larghe intese, che lo porterebbe sì a Palazzo Chigi, ma sulla carrozza sbagliata, in un tamponamento ideologico per la sinistra italiana.

Non so quanti saranno arrivati a leggere fin qui. Ma vi riassumo la domanda finale.
Basterebbe chiedersi, scrive Mauro: "Che cos'è oggi il PD?". E cosa vuol essere, nella coscienza repubblicana dei suoi militanti, che affollano ancora i gazebo con una energia sorprendente. E che cosa vuole essere, per i suoi dirigenti. Da queste risposte, conclude Mauro, scaturirebbe il modo di comportarsi, le scelte elettorali e non. E la forza del suo leader ("che se si facesse carico di tutte queste risposte, sarebbe più forte di chi tiene tutte le carte coperte").
Meditate gente, meditate.


giovedì 6 luglio 2017

Sogin: l'acqua uscita a Saluggia non era radioattiva

Sento dal TG3 Piemonte e riferisco: la Sogin ha garantito che l'acqua uscita dalla condotta rotta non era radioattiva. Tutto è stato riparato, ma permane il fatto che in un posto circondato da fiumi e canali e con un acquedotto che serve 150 comuni, ci sia un deposito "provvisorio" di scorie nucleari. 
(niente è più definitivo del provvisorio, dice il proverbio).
Speruma ben.

mercoledì 5 luglio 2017

Perdita acqua radioattiva a Saluggia. Sogin: nessun rischio

Stasera come prima notizia, il TG3 Piemonte ha annunciato una perdita d'acqua da un condotto del deposito di scorie nucleari di Saluggia. Ho guardato nei vari notiziari web e non c'era una riga da nessuna parte... mi sono chiesta se sarebbe stata la stessa cosa fosse successo a Roma. Amo i romani, ma tutte le volte che i TG parlano di tempaccio in Italia, fateci caso che è perché c'è un temporale a Roma.
Su Saluggia ho poi trovato una notizia rassicurante dell'Agenzia Ansa sul Regionale, ma tutto questo ci ricorda che abbiamo un problemino a 6 km da casa nostra (e nessuno se ne sta occupando, a quanto pare).

Dall'Agenzia Ansa

Nucleare: perdita acqua in ex sito. Sogin, nessun rischio



Nel Vercellese fessura in una condotta impianto smaltimento

VERCELLI, 5 LUG - Uno sversamento di acqua si è verificato lunedì scorso nell'impianto Eurex di Saluggia dove, fra l'altro, sono in corso i lavori di realizzazione del complesso Cemex, destinato a solidificare i liquidi radioattivi ancora presenti nell'ex sito nucleare. 
A renderlo noto è la stessa Sogin, l'azienda di Stato incaricata dello smantellamento dei siti nucleari in Italia.

  Lunedì 3 luglio, all'avvio dei lavori per il nuovo pozzetto che servirà la linea di scarico degli effluenti liquidi, è stata
riscontrata una fessura nella condotta e un accumulo di acqua sul fondo del vecchio pozzetto. 

Sogin, si legge nella nota, "ha prontamente informato l'Autorità di controllo Ispra, rimosso l'acqua su cui stanno effettuando le analisi, e si sta analizzando il terreno circostante. 
Al contempo è già stata ripristinata l'integrità della condotta. I risultati delle analisi finora effettuate escludono impatti radiologici per l'ambiente e la  popolazione". 
Domani, su segnalazione di Sogin, Ispra insieme con Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) Piemonte svolgeranno un sopralluogo per verificare natura ed entità dell'episodio.
Il sindaco di Saluggia, Firmino Barberis, sottolinea che la perdita di acqua è di circa 50-60 litri.(ANSA).